Il corporate branding non è un monolite: al contrario, ben lungi dall’essere una scienza esatta, esso si configura come un’attività liquida e in perenne trasformazione. In altre parole, si tratta di un settore specifico del marketing aziendale, in continua ascesa ma al tempo stesso non caratterizzato da un protocollo operativo rigido e univoco.

Come abbiamo già visto, l’unicità e la specificità sono caratteristiche intimamente connesse al buon esito di una campagna di corporate branding. La scelta di oggetti e gadget da abbinare a un determinato marchio si orienta in base a parametri i più disparati tra loro, molti dei quali strettamente dipendenti da fattori endogeni: la tipologia di azienda, la sua identità, i prodotti che la caratterizzano, il modo in cui questi vengono veicolati presso il pubblico, il target di riferimento (se esiste) e i valori di cui il marchio si fa portatore.

Esistono, tuttavia, anche dei fattori esogeni – ovvero generati all’esterno dell’azienda e al di fuori persino del rapporto che quest’ultima ha stretto con i suoi clienti – non meno capaci di determinare l’efficacia o meno di un’attività di marketing nel suo complesso. Sintetizzando brutalmente, possiamo affermare che questi fattori, pur operando in concorso con quelli direttamente correlati all’azienda, hanno a che fare con mutamenti sociali e antropologici che avvengono su scala decisamente più ampia. Quegli stessi mutamenti che, in buona misura, dettano le mode, i costumi, i gusti e le abitudini e in tal senso marcano le differenze tra una generazione e la successiva (o la precedente), fra diversi gruppi sociali o comunità, e infine tra popolazioni, ceppi etnici o aree geografiche differenti.

Analizzare in maniera scientifica questi flussi di tendenze, incrociandone i dati con quelli relativi alle vendite di un determinato prodotto, può aiutare l’azienda a capire non solo dove sta andando il mercato, ma anche quali sono i valori che un acquirente potenziale si aspetta di ritrovare nei suoi marchi di riferimento. Chiunque si intenda di ricerche mercato sa benissimo che, in tal senso, le fluttuazioni del gusto e del consenso sono quasi all’ordine del giorno, e basta una sola mossa sbagliata per perdere contatto con le tendenze del momento.

Per questo motivo, ogni azienda che investa risorse nel corporate branding dovrebbe tenere costantemente d’occhio gli orientamenti del pubblico in termini di aspettative, e cercare (ovviamente laddove possibile e in conformità con il proprio profilo identitario) di modellare la propria campagna in una maniera che sia quanto più possibile aderente a essi. In tal senso, l’inizio di un nuovo anno solare offre l’occasione per fare il punto della situazione e studiare piani e strategie per l’immediato futuro.

Ma quali sono i trend più attuali per il 2019 in tema di corporate branding? Ecco alcuni suggerimenti.

Abbigliamento ed elettronica: i sempreverdi
Capi di vestiario e gadget elettronici non passeranno mai di moda: potranno cambiare articoli e modelli, ma queste macrocategorie saranno sempre in cima ai desiderata di ogni tipologia di consumatore.

Per quanto riguarda l’abbigliamento, il 2019 intensificherà ulteriormente il predominio dello streetwear, dunque anche entrando nello specifico dovremo parlare di continuità e non di avvicendamento di una moda rispetto a un’altra. Largo spazio, dunque, a felpe con cappuccio, cappellini da baseball e le immancabili T-shirt. Dalle retrovie si affaccia il beanie, vale a dire il cappello di lana che rappresenta l’evoluzione del classico zuccotto, più alto, in grado di riparare anche le orecchie e sovente con un foro sulla sommità (utile alle donne per farvi fuoriuscire i capelli). Anche lo sportswear riscuote un ampio consenso, specie se abbinato a brand che fanno del fitness e della salute uno dei cardini della loro comunicazione. Inoltre, l’abbigliamento sportivo consente di giocare su un’oggettistica più essenziale e minimal (nonché meno costosa a livello di manifattura): canottiere e pantaloncini, ma anche a semplici fasce o polsini antisudore.

Per quanto riguarda il settore dei gadget elettronici, l’interesse del mercato si sta spostando in maniera sempre più drastica sulla connettività in mobilità. Pertanto, guadagneranno sempre più consensi quegli strumenti in grado di offrire prestazioni potenzialmente infinite ai nostri device di telefonia mobile: la classica power bank, in questo senso, potrebbe essere ben presto rimpiazzata dai powerup backpack, ovvero gli zaini con power bank incorporata, sulla falsariga di quelli già immessi in commercio da alcuni brand internazionali di prodotti informatici. I modelli più evoluti hanno già integrato tale tecnologia con dei piccoli pannelli solari, in grado di assicurare scorte illimitate di energia anche per lunghi tragitti.

Accessori per la cucina
Si tratta di un settore in rapida espansione, grazie anche alla deflagrazione del mondo del food e della ristorazione come trend mondiale, sia in televisione che su Internet. Chiariamolo subito: ben presto il mercato sarà saturo di prodotti audiovisivi afferenti a tale universo, e il pubblico inizierà a rivolgere altrove le proprie attenzioni. Ma non sarà il 2019 a segnare l’inizio della crisi, dunque per il momento si può ancora andare sul sicuro con tazze, posate, tovaglie, vassoi da divano, bicchieri e caraffe opportunamente customizzati, meglio se con linee e colori accattivanti come un buon oggetto di design (perché di questo, essenzialmente, si tratta) dovrebbe avere. L’evoluzione della specie sono i moderni lunchbox, sempre più tecnologici, funzionali e multitaskig: ne esistono persino di modelli dotati di pannelli solari, in grado di accumulare energia per riscaldare i cibi. Anche questi, in fondo, sono un riflesso della crescente esigenza di mobilità da parte degli acquirenti.

 

Gadget immateriali
Sono una nuova frontiera, in larga parte ancora da scoprire ma già in grado di attirare la clientela tecnologicamente più evoluta non meno di un oggetto fisico. Sostanzialmente parliamo di applicazioni e software per computer e (soprattutto) cellulari. Spesso si tratta di programmi con funzionalità aventi a vario titolo a che fare con il core business del marchio che rappresentano, ma la creatività, in un campo ancora relativamente vergine come questo, può farla da padrona. Attenzione soltanto a non limitarsi al classico programmino-scacciapensieri, altrimenti esso non verrà percepito come un vero e proprio gadget ma come un mero paratesto della campagna promozionale del prodotto (cosa che avviene con il 95% delle app rilasciate da aziende non del settore), rischiando di generare confusione quando non addirittura risentimento da parte del pubblico. Un suggerimento largamente condiviso dagli esperti di marketing: puntare sulla realtà aumentata per garantire ai beneficiari del gadget un particolare privilegio, dallo sconto sul prossimo acquisto alla possibilità di ordinare in anteprima un prodotto di imminente lancio sul mercato.

Come ampiamente prevedibile, a queste tendenze, già in via di definizione nel 2018 e destinate a consolidarsi ulteriormente nel corso del 2019, se ne aggiungeranno delle altre, sempre in conformità con i desideri e le aspettative del pubblico. Monitorare tali fluttuazioni sarà pertanto un lavoro “in progress” che dovrà impegnare il settore marketing dell’azienda 365 giorni l’anno, cercando di intercettare prima della concorrenza i mutamenti del gusto e le nuove direzioni intraprese dallo stesso. Anche il tempismo, infatti, gioca un ruolo fondamentale nel successo di una strategia di fidelizzazione del cliente, e arrivare prima su un’idea può fare la differenza tra una campagna ben riuscita e una sostanzialmente inefficace.