Un’azienda florida e ambiziosa può trovarsi ben presto nelle condizioni di dover elaborare delle strategie di marketing particolarmente aggressive, al fine di guadagnare una posizione di privilegio all’interno del proprio settore di riferimento. In questi casi il corporate branding può assumere un ruolo apicale, purché esso sia commisurato allo sforzo generale profuso nel più ampio ventaglio strategico di promozione del marchio. Detto in altri termini: a un’operazione di marketing di ampio respiro e a lunga gittata deve corrispondere, in proporzione congrua, un analogo piano di diffusione del brand attraverso gadget, oggettistica, prodotti omaggio e articoli simili.

In tale ottica, concepire l’immissione sul mercato dei propri gadget secondo una progressione di tipo seriale può risultare una strategia particolarmente redditizia. Per serialità intendiamo la creazione di un cluster di prodotti accomunati da funzionalità analoghe o afferenti al medesimo tipo di utilizzo (ad esempio una pentola, un mestolo, un cucchiaio di legno) e/o che si completano a vicenda. A determinare la serializzazione di tali prodotti, oltre allo stretto rapporto di affinità (o meglio ancora di interdipendenza l’uno dall’altro), contribuiscono altri due fattori.

  • L’analogia visiva e formale. I gadget in questione devono essere presentati anche (per non dire soprattutto) come appartenenti a una stessa linea. In sostanza, non basta che essi rechino tutti impresso il marchio dell’azienda che li immette sul mercato: gli oggetti devono “somigliarsi” per forme, colori, finiture e se possibile persino nei materiali. Il fatto di essere percepiti come membri di una stessa famiglia è essenziale ai fini della fidelizzazione del cliente.
  • La regolare scansione nel tempo della loro diffusione. Come è ovvio, i prodotti non devono essere immessi sul mercato in contemporanea, bensì uno alla volta, a distanze ben cadenzate l’uno dall’altro. Ciascun singolo articolo deve rappresentare se stesso e nel medesimo tempo la premessa per il successivo, in modo tale da far crescere il desiderio del cliente di possederlo al fine di completare la raccolta.

Una duplice strategia, questa, ben nota soprattutto agli operatori di un settore estremamente peculiare del mercato nazionale e internazionale, quello del food. Più nello specifico, negli anni sono state le aziende produttrici di snack per bambini a elaborare le metodologie di marketing più raffinate in tale ambito, unendo il loro core business a settori del consumo decisamente eterocliti (con una netta preferenza per i prodotti ludici) e creando – nei casi di specie più brillanti – delle vere e proprie “dinastie” di gadget, che ancora oggi costituiscono un’ambita preda per schiere di collezionisti.

Quali sono i limiti di questa strategia? Potenzialmente nessuno da un punto di vista dei risultati, in realtà molti se prendiamo in analisi il rapporto costi-benefici. Impostare un piano di corporate branding di questo tipo presenta dei costi non sempre sostenibili, o quantomeno non ammortizzabili nel breve periodo. Tuttavia, lavorando di fantasia e puntando sull’originalità dell’offerta, è possibile individuare delle specifiche aree d’azione in grado di coniugare costi relativamente contenuti e una buona resa dal punto di vista del feedback del pubblico. L’importante è che l’azienda che mette in moto questa strategia abbia ben chiaro qual è il suo target e come attirare la sua attenzione: il resto è affidato alla creatività dei responsabili marketing e dello staff di creativi alle loro dipendenze.