Ogni strategia di marketing, piccola o grande che sia, deve necessariamente fare i conti con il budget a disposizione dell’azienda. Ciò è vero soprattutto quando si vuole distribuire gadget o prodotti brandizzati con un marchio specifico. Dal momento che la sostenibilità economica è la base di ogni progetto di espansione del marchio, quante risorse dedicare a tale attività?

Uno degli snodi più delicati riguarda i quantitativi di gadget da distribuire o da vendere. Il rapporto costi-benefici, l’analisi delle eventuali giacenze e il successo di una campagna di merchandising dipendono strettamente da questa decisione, con l’obiettivo di alzare al massimo il primo e ridurre al minimo le seconde.

È possibile adottare alcuni accorgimenti per razionalizzare l’investimento e al tempo stesso massimizzare i profitti, sia in termini strettamente finanziari che sul piano del ritorno di immagine.

Innanzitutto, è bene operare una prima distinzione sulla destinazione d’uso del gadget. Si tratta di un prodotto pensato appositamente per eventi specifici, come ad esempio fiere o convention? Oppure parliamo di un oggetto destinato alla grande distribuzione? La distinzione non è capziosa: nel primo caso, infatti, i quantitativi saranno ovviamente ridotti. Ma come determinarne con esattezza l’ordine di grandezza?

In linea di principio, le dimensioni dell’evento costituiscono un parametro di riferimento sufficientemente credibile. E da questo punto di vista, lo “storico” della fiera o della convention cui si intende partecipare può fornire un valido supporto numerico e statistico. Generalmente, infatti, ogni evento fieristico che si rispetti, a prescindere dalla natura dello stesso e dei prodotti in esso presentati, è dotato di un ufficio stampa e comunicazione che, a margine della conclusione della kermesse, emette uno o più comunicati in cui vengono descritti (talvolta per sommi capi, in altri casi in maniera più estesa) i numeri dell’edizione appena trascorsa: numero di stand e/o di partecipanti, numero di biglietti staccati, media di ingressi giornalieri, e così via. Qualcuno si spinge addirittura a elaborare statistiche più capillari, come ad esempio i flussi di pubblico in base alle fasce orarie. Ovviamente, trattandosi di numeri “di parte” e non direttamente verificabili dall’esterno, essi vanno presi con un minimo di beneficio d’inventario: ma anche considerando una sovrastima del successo dell’evento da parte degli organizzatori, basterà ragionare “al ribasso” rispetto al report da questi proposto. Ridimensionare del 15-20% i numeri forniti può essere una buona prassi, anche perché non è affatto detto che la nuova edizione dell’evento raccoglierà lo stesso consenso delle precedenti.

Anche le dimensioni dell’evento rappresentano un parametro di riferimento: un alto numero di stand presenti aumenta il rischio di dispersione del potenziale cliente/beneficiario del gadget. Quest’ultimo, infatti, non ha capacità di carico illimitate, e oltre un certo limite sarà molto più refrattario ad accettare eventuali omaggi. Paradossalmente, un evento eccessivamente grande può risultare troppo dispersivo, e puntare su quantitativi di gadget commisurati alle sue dimensioni potrebbe rivelarsi un boomerang.

Se invece il gadget è destinato alla distribuzione al dettaglio, i numeri cui bisogna fare riferimento sono quelli prodotti dall’azienda. Partire dai dati di vendita è, in tal senso, imprescindibile. Ma non basta: solo un’attenta e dettagliata analisi di mercato potrà rendere conto in maniera particolareggiata del livello di responsiveness della clientela, da cui scaturisce la disponibilità ad accogliere degli omaggi pensati ad hoc. Chiaramente, il concetto di responsiveness è molto ampio e complesso, e coinvolge altri fattori, come l’identificazione del singolo cliente con i valori del brand o il grado di pervasività dei messaggi pubblicitari. Tutti elementi utili a determinare con esattezza i quantitativi di gadget da immettere sul mercato. Un rapporto 1:1 tra prodotto in vendita e gadget in omaggio può esporre l’azienda a esborsi non sostenibili sul piano economico. Ecco perché molti brand puntano a una tiratura di gadget pari a una frazione di quella del prodotto principale, attraverso un sistema di raccolta punti o mediante una duplice offerta del prodotto stesso (con o senza gadget): un modello di ottimizzazione delle risorse e degli investimenti che permette di raggiungere esattamente la “tara” – ovvero lo scarto tra tiratura del prodotto principale e numero di gadget distribuiti in un determinato intervallo di tempo – desunta dall’analisi di mercato.