Compito principale di una buona campagna di corporate branding è individuare oggetti adatti ai gusti della clientela e al tempo stesso a veicolare i valori e l’identità del marchio. Spesso i capi di abbigliamento vengono considerati una sorta di territorio neutro accostabile indifferentemente a una vastissima varietà di prodotti. Le cose non stanno esattamente così, anche se tutto ciò che riguarda il vestire (compresi gli accessori) risulti effettivamente molto duttile e adattabile a diverse situazioni promozionali; tuttavia, ciò non vuol dire che una maglietta o un copricapo possano essere associati indiscriminatamente a qualsiasi prodotto.

Fra le varie tipologie di indumento corrono delle differenze di natura percettiva a volte persino radicali, che dovrebbero essere gestite correttamente in sede di elaborazione di una campagna marketing. In altre parole, a ciascun capo di abbigliamento corrisponde un tipo di messaggio ben preciso che l’azienda intende inviare ai potenziali clienti, frutto delle potenzialità e dei limiti dell’oggetto stesso.

Come gestire correttamente queste potenzialità che caratterizzano ciascun capo di abbigliamento? Come esaltarne le qualità, facendole convivere in armonia con quelle del prodotto principale? Come rendere un’operazione di corporate clothing un’estensione valoriale del prodotto in vendita? Sono queste le domande che un buon responsabile di marketing deve porsi, seguendo il proprio estro e le proprie intuizioni – che non devono mai essere inibite da schemi troppo rigidi –, ma facendo altresì tesoro di un bagaglio di informazioni ormai di pubblico dominio, che fanno luce sulle caratteristiche principali di ciascun indumento e sulle possibilità di intercettare un determinato segmento di clientela. Cerchiamo di riassumerle in poche parole, prendendo in esame gli indumenti generalmente più utilizzati come gadget:

  • T shirt. Come abbiamo già avuto modo di spiegare, la T shirt è l’indumento “neutro” per eccellenza, il più duttile e quello che garantisce il rapporto migliore tra costi di produzione e livello di gradimento della proposta presso il pubblico. Tuttavia, ciò non significa che essa vada bene per qualsiasi circostanza. La T shirt è un capo di vestiario improntato a un’estrema informalità, e non c’è modo di riscattarla da questo status. Dunque, se ne sconsiglia l’utilizzo in abbinamento a prodotti di lusso, o che comunque fanno dell’eleganza e dello stile i loro principali tratti distintivi.
  • Polo. In linea teorica, la polo è l’esatto contraltare della T shirt: informale ma elegante, adatta anche a contesti in cui si richiede uno stile ricercato. Tuttavia, negli ultimi anni anche questo capo di abbigliamento ha conosciuto un’evoluzione che ha aumentato la sua duttilità. Oggi una polo può essere indossata indifferentemente dallo sportivo come dagli amanti dei capi firmati, da chi veste casual o da chi cerca un look raffinato. Pertanto, sebbene di base rimanga un capo orientato verso l’eleganza, la sobrietà e il buon gusto, non è concettualmente sbagliato associare la polo anche a prodotti che comunicano altri valori. L’importante, come sempre, è veicolare correttamente il messaggio, trovando la chiave di lettura più logica per legittimare il sodalizio tra prodotto e gadget. Ad esempio, è possibile giocare sul contrappunto: cercare il lato elegante e ricercato nei fruitori di un prodotto improntato al dinamismo e all’informalità. Ricordiamo inoltre che il materiale con cui è realizzata la Polo, così come per molti altri indumenti, ne può cambiare radicalmente la percezione.
  • Copricapo. Fatte salve le differenze che intercorrono tra i vari modelli di cappelli e berretti, bisogna sottolineare che scegliere un copricapo come gadget significa regalare al cliente un oggetto dalle dimensioni minimal, ma dallo status decisamente impegnativo. Molto più di una maglietta, ad esempio, di qualunque modello esso sia. Intanto perché non tutti indossano cappelli abitualmente. E poi perché portare un cappello con un brand è un po’ come mettersi un’insegna in testa che non può essere occultata da altri indumenti come nel caso di una maglietta: si richiede alla propria clientela un forte investimento in termini di fedeltà e di adesione ai valori del marchio. Pertanto, per quanto un cappello abbia di per sé degli indubbi vantaggi in termini di costi e di ingombro, perché sia accettato dai clienti di un’azienda è necessario che tra le due parti esista un rapporto di forte complicità, tale da indurre l’acquirente a esibire con fierezza un brand nel quale si riconosce e identifica.
  • Abbigliamento sportivo. Contrariamente a quanto si possa ritenere a un primo sguardo superficiale, gli indumenti sportivi (dalle tute ai calzoncini, fino ad arrivare ai semplici polsini antisudore) sono un gadget tendenzialmente neutro. Questo perché anche chi normalmente veste casual o addirittura elegante può dedicare parte del suo tempo libero ad attività sportive o di fitness. Tuttavia, questa trasversalità fa sorgere un dubbio: come riconoscere l’attitudine sportiva “nascosta” nei clienti della nostra azienda? Proprio per questo motivo, quando non abbinato a prodotti affini al medesimo mondo, l’abbigliamento sportivo dovrebbe essere proposto come gadget solo dopo accurate ricerche di mercato.